Prodotti per la sanificazione: ecco gli effetti sulla vostra salute

Edoardo Pulcianese • 27 marzo 2021

La sanificazione degli ambienti di lavoro è un'operazione fondamentale per la prevenzione da Coronavirus: vediamo quali sono i prodotti efficaci e quali sono le conseguenze sulla nostra salute

Nella situazione in cui viviamo ormai da più di un anno è fondamentale avere sempre in mente le buone prassi di igiene: 

  1. mantenere il distanziamento sociale;
  2. indossare le mascherine protettive;
  3. igienizzarsi le mani e sanificare gli ambienti.


Queste "buone prassi" sono entrate così a fondo nella nostra routine che ad esempio,  anche quando vediamo un vecchio filmato o in tv o sulle piattaforme social, spesso osserviamo che questi principi non vengono rispettati, realizzando solo dopo che quelle immagini fanno parte ormai del passato.

Proprio il terzo punto, che riguarda la sanificazione degli ambienti, è una procedure di fondamentale importanza introdotta dal protocollo Covid ematao da Governo il 24/04/2020; ma queste procedure di sanificazione possono creare anche qualche pericolo per la nostra salute? Cerchiamo di scoprirlo insieme.


Quadro normativo

Sappiamo per certo che tutti i prodotti che acquistiamo sono sicuri, secondo le normative vigenti, nella fase di pulizia andranno utilizzati prodotti autorizzati secondo quanto stabilito dal Reg. (CE) N.648/2004 sui detergenti per gli igienizzanti ambientali o dal Reg. (CE) N.1223/2009 sui prodotti cosmetici per gli igienizzanti per la cute


Diversamente, nel caso della disinfezione, i prodotti applicati ricadono nel contesto normativo del D.P.R. N.392/1998 sui Presidi Medico Chirurgici, insieme al Provvedimento del 5 febbraio 1999, o del Reg. (UE) N.528/2012 sui biocidi (noto come BPR, Biocidal Products Regulation) e il rapporto tra sanificazione, pulizia e disinfezione e a segnalare le varie normative collegate è un intervento presentato nella pubblicazione CLP-REACH.


Ne consegue che prodotti ad azione disinfettante che riportano in etichetta il termine sanificante si considerano rientranti nella definizione di prodotti biocidi la cui immissione sul mercato deve rispondere ai requisiti del Reg. (UE) N.528/2012. In particolare, secondo la nota del Ministero (D.M. del 7 luglio 1997, n.274, che fornisce una definizione di cosa sia la sanificazione, o alla Nota del 22 febbraio 2019 del Ministero della Salute), la definizione ‘sanitizzante/sanificante’ andrebbe attribuita a prodotti contenenti principi attivi in revisione come biocidi disinfettanti che, tuttavia, non avendo completato l'iter di valutazione, non possono vantare in etichetta l'efficacia disinfettante


I rischi delle sostanze utilizzate

Nei prodotti si segnalano tra i principi attivi contenuti nei prodotti per la disinfezione presenti sul mercato e maggiormente utilizzati, si trovano: 

• Alcoli: etanolo, propan-2-olo sono caratterizzati soprattutto dalla loro capacità intrinseca di esplicare effetti acuti a livello oculare e/o inalatorio, risultando al contempo altamente compatibili con i materiali metallici e su superfici dove altri prodotti non possono essere applicati per la disinfezione

• ipoclorito di sodio è molto tossico per l'ambiente acquatico (effetti acuti e a lungo termine)”. Si indica che “per contenere questi potenziali danni la disinfezione deve essere preceduta da un trattamento di pulizia delle superfici”.

• sali di ammonio quaternario (ampiamente presenti nei prodotti in commercio) analogamente all'ipoclorito di sodio, anche questi sali “esplicano il loro effetto tossico agendo sul sito di primo contatto attraverso un meccanismo di azione aspecifico determinando effetti locali, quali irritazione e/o corrosione, anziché sistemici. Pertanto, la valutazione del rischio è essenzialmente volta al controllo e alla gestione attraverso l'individuazione di opportune misure, quali l'adozione di DPI, la definizione di procedure e l'adozione di dispositivi che limitino l'eventuale insorgenza di effetti avversi”.



I rischi dei generatori “in situ”

Si formano a partire da precursori e tra i principi attivi più comuni generati in situ e utilizzati nei prodotti per la disinfezione e sanificazione delle superfici ci sono il cloro attivo e l'ozono.


• Riguardo al cloro attivo generato in situ la valutazione del rischio condotta in fase di approvazione del principio attivo ha evidenziato un rischio non accettabile dovuto all'inalazione da parte di utilizzatori professionali durante il trattamento di disinfezione di grandi superfici, se ne sconsiglia, quindi, lo sversamento diretto sulle superfici. Inoltre, la Circolare del Ministero della Salute N.17644 del 22 maggio 2020, considerata la capacità del cloro attivo di causare irritazione cutanea, suggerisce di limitare l'utilizzo al solo personale addestrato provvisto di guanti e di altri DPI.


• Il principio attivo biocida ozono generato in situ a partire da ossigeno è “attualmente in revisione e valutazione ai sensi del BPR” - Si ricorda che l'ozono esplica il suo effetto tossico “attraverso effetti a breve termine (prevalentemente reversibili) quali l'irritazione oculare e delle vie respiratorie superiori, oltre a sospetti effetti cardiovascolari.


Altre 2 tecniche molto valide ma pur sempre pericolose sono il trattamento con raggi UV a bassa lunghezza d'onda e la vaporizzazione/aerosolizzazione del perossido di idrogeno:


• le radiazioni UV-C, comprese tra 180 nm e 280 nm, sono in grado di provocare gravi danni agli occhi e alla cute - l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha classificato la radiazione UV nel Gruppo l come “agente cancerogeno certo per l'uomo”


• il perossido di idrogeno applicato mediante aerosol o vapore per la disinfezione delle superfici e degli ambienti “è un principio attivo approvato ai sensi del BPR. Il perossido di idrogeno vaporizzato si converte rapidamente in ossigeno e acqua determinando un basso impatto ambientale. Dal momento che il perossido di idrogeno è un liquido comburente, corrosivo per la cute e nocivo per ingestione e inalazione si raccomanda l'uso del metodo di applicazione ai soli operatori professionali.


In sintesi

Cosa dobbiamo valutare per procedere con queste procedure senza recare danno alla nostra salute e quella dei lavoratori?

  • consultare le SDS dei prodotti utilizzati;
  • consultare i libretti di uso e manutenzione delle attrezzature utilizzate;
  • indossare dispositivi di protezione individuale (DPI) sempre idonei al tipo di lavorazione

Ricordiamo che per l'analisi e la gestione di qualsiasi attività lavorativa la nostra Azienda fornisce tutta l'assistenza necessaria per poter adempiere a pieno a quanto previsto dalla normativa vigente fornendo ai nostri Clienti il manuale di applicazione del protocollo antincontagio completo di modulistica, registri e cartellonistica.
Infine, sul nostro e-commerce, potete trovare tutti i prodotti e i dispositivi di protezione individuale per lavorare in sicurezza

Per info e costi potete contattarci all'indirizzo mail info@centrosicurezzaconsulenze.net o chiamare il numero 0578/738346.

Autore: DE MICCO 31 ottobre 2025
Che cos’è e perché conta Per “smaltimento rifiuti” non si intende “buttare via”: è un processo organizzato che parte dalla corretta classificazione del rifiuto e prosegue con raccolta, deposito temporaneo, trasporto, recupero o smaltimento finale. Il riferimento normativo è il D.Lgs. 152/2006 – Testo Unico Ambientale , che assegna precise responsabilità al produttore/detentore e prevede sanzioni in caso di gestione errata. Gestire bene i rifiuti significa tutelare l’ambiente, evitare rischi legali e ridurre i costi grazie a prevenzione, riuso e riciclo. Da dove si parte: classificazione e codici CER Il primo passo è sapere che rifiuto hai in mano . Ogni rifiuto riceve un codice CER (Catalogo Europeo dei Rifiuti) che ne identifica natura e pericolosità. Senza CER non puoi scegliere né contenitori, né etichette, né il percorso di smaltimento. Esempio: il toner esausto è un rifiuto speciale che, a seconda della composizione, può essere pericoloso (CER 08 03 17*). Una volta classificato, applichi la gerarchia prevista dalla legge: prima si previene la produzione, poi si riutilizza , quindi si ricicla o si recupera energia ; lo smaltimento è l’ultima opzione. Tracciabilità e soggetti autorizzati Il rifiuto non può viaggiare “in fiducia”. Si affida solo a trasportatori e impianti iscritti all’Albo Nazionale Gestori Ambientali e ogni movimento è documentato con il Formulario di Identificazione del Rifiuto (FIR) . La documentazione non finisce qui: in base ai casi servono registro di carico/scarico e MUD annuale. A regime, la tracciabilità confluirà nel RENTRI (Registro elettronico nazionale), che digitalizza l’intero percorso del rifiuto. Come organizzarsi in azienda (in pratica) Nel quotidiano funziona così: i rifiuti vengono separati alla fonte in contenitori dedicati ed etichettati ; si allestisce un’area di deposito temporaneo sicura, ordinata e accessibile al solo personale autorizzato; si verificano tempi massimi di giacenza (più stringenti per i pericolosi); si programma il ritiro con un gestore autorizzato e si archivia la documentazione . La formazione del personale è fondamentale: sapere dove conferire imballaggi , RAEE , oli , batterie , solventi o toner evita errori ricorrenti e abbassa i costi di smaltimento. Rifiuti speciali e pericolosi: cosa ricordare Alcune tipologie (oli esausti, batterie, apparecchiature elettriche, solventi, reagenti, fanghi) non possono seguire i flussi ordinari: richiedono contenitori idonei, stoccaggi separati , trasporto dedicato e impianti autorizzati al recupero/smaltimento di quella specifica categoria. È qui che si gioca la parte più delicata della conformità. Errori comuni (e come evitarli) Gli scivoloni tipici sono: scegliere un CER sbagliato , consegnare i rifiuti a soggetti non autorizzati , dimenticare FIR/registri/MUD , miscelare rifiuti incompatibili e superare i tempi del deposito temporaneo. Una mappatura iniziale dei rifiuti e procedure semplici (con check-list) abbattono il rischio. Perché farsi seguire conviene davvero Il produttore/detentore resta sempre responsabile della corretta gestione del rifiuto, anche dopo la consegna al trasportatore. Avere accanto un partner esperto significa scegliere CER corretti , costruire flussi interni chiari , selezionare gestori qualificati , tenere in ordine la tracciabilità e formare il personale. Risultato: meno sanzioni, meno costi, più sostenibilità . Come ti aiuta Centro Sicurezza Consulenze Consulenza con classificazione CER e piano di gestione per reparto. Hai dubbi su codici CER, registri o scelte operative? Contattaci πŸ“ž 0578 738346 — βœ‰οΈ info@centrosicurezzaconsulenze.net Centro Sicurezza Consulenze è al tuo fianco: essere seguiti è l’unico modo per trasformare un obbligo in un vantaggio competitivo e lavorare in piena conformità .
Autore: DE MICCO 10 ottobre 2025
🎨 Colorazione dei Caschi di Protezione: Significato e Ruoli sul Lavoro Nel mondo del lavoro, specialmente nei cantieri, nei siti industriali o nei contesti ad alto rischio, il casco di protezione non è solo un dispositivo di sicurezza , ma rappresenta anche un codice visivo fondamentale per l’organizzazione e la sicurezza collettiva . Ma lo sapevi che ogni colore di casco ha un significato preciso ? Scopriamo insieme cosa rappresentano i diversi colori e perché la loro corretta gestione può fare la differenza! πŸ› οΈ Perché i caschi hanno colori diversi? La colorazione dei caschi serve a distinguere immediatamente il ruolo o la funzione della persona che lo indossa . Questo è utile in situazioni operative, nelle emergenze o quando serve identificare rapidamente figure responsabili, esperte o esterne. Questa codifica cromatica può variare leggermente da azienda ad azienda, ma segue generalmente delle convenzioni comuni riconosciute a livello nazionale e internazionale. 🎨 Significato dei Colori dei Caschi Ecco una guida generica ai colori più comuni e al loro significato: Colore del casco di sicurezza chi lo indossa πŸ”΄ Elmetto rosso Capo cantiere o addetti alle emergenze βš™οΈ Elmetto grigio Tecnici impiantisti, elettricisti o idraulici πŸ”΅ Elmetto blu Coordinatore per la sicurezza (CSP o CSE) βšͺ Elmetto bianco Direttore dei lavori, ingegneri, architetti, tecnici coinvolti nella progettazione 🟑 Elmetto giallo Operai generici πŸ“Œ Nota : Alcune aziende adottano colori personalizzati, ma sempre con l’obiettivo di mantenere la chiarezza visiva e la coerenza organizzativa . πŸ–ŒοΈ Personalizzazione e Verniciatura dei Caschi Oltre alla funzione pratica, oggi i caschi possono anche essere personalizzati con: Loghi aziendali Nomi o codici identificativi Design distintivi o riflettenti Decorazioni artistiche (in contesti creativi o promozionali) 🎨 Tecniche di colorazione: Spray professionale : per una copertura uniforme e resistente Aerografo : ideale per dettagli artistici Adesivi o pellicole : personalizzazione veloce e removibile Vernici UV e riflettenti : per visibilità notturna o ambienti bui ⚠️ Attenzione : ogni modifica deve rispettare le normative di sicurezza , evitando di compromettere la resistenza del casco (es. con solventi aggressivi o materiali inadatti). πŸ‘·‍♂️ Il valore simbolico del colore Usare correttamente il colore del casco rafforza la cultura della sicurezza , migliora la comunicazione sul campo e valorizza ogni figura professionale. Il colore diventa così un linguaggio visivo immediato , in grado di evitare errori, incidenti e confusioni nei momenti critici. βœ… Conclusione La colorazione dei caschi di protezione è molto più di una questione estetica: è un codice funzionale , un sistema di riconoscimento e un simbolo di rispetto delle regole . Nel tuo team, nel tuo cantiere o nella tua azienda, scegliere e mantenere i colori corretti può fare davvero la differenza. πŸ‘‰ Il Centro Sicurezza Consulenze può aiutarti a ripristinare i giusti colori dei caschi nel tuo cantiere , garantendo il rispetto delle normative e delle migliori pratiche. Inoltre, possiamo fornirti caschi personalizzati con: Loghi aziendali Codici identificativi Colori specifici per ogni figura professionale Finiture speciali e riflettenti per la massima visibilità Non lasciare che un dettaglio apparentemente semplice comprometta la sicurezza: contattaci allo 0578738646 per una consulenza personalizzata o per un ordine di caschi su misura!
Autore: DE MICCO 3 ottobre 2025
Cos’è il Clostridium perfringens? Il Clostridium perfringens è un batterio sporigeno, anaerobio, ampiamente diffuso nell’ambiente: si trova nel terreno, nell’acqua e nell’intestino di animali e uomini. È uno dei principali responsabili delle toxi-infezioni alimentari e può provocare sintomi gastrointestinali anche gravi. πŸ‘‰Caratteristica importante: forma spore resistenti al calore , capaci di sopravvivere a cotture e condizioni ambientali difficili. Perché è pericoloso? Può moltiplicarsi molto velocemente in alimenti cotti lasciati a temperatura ambiente. La tossina prodotta nell’intestino provoca diarrea e dolori addominali , in genere entro 8–24 ore dal consumo. È una delle principali cause di epidemie alimentari in mense, ristoranti e strutture collettive. Alimenti a rischio Carni cotte (pollo, manzo, maiale) Piatti pronti mantenuti tiepidi per troppo tempo Salse, sughi e minestre Piatti a base di legumi πŸ“Œ L’errore più comune: cucinare grandi quantità di cibo e lasciarlo raffreddare lentamente a temperatura ambiente. Come prevenirlo? (HACCP in pratica) Cottura corretta → raggiungere almeno 75 °C al cuore del prodotto. Conservazione sicura : < +4 °C se refrigerato +60 °C se mantenuto caldo Raffreddamento rapido degli alimenti dopo la cottura (entro 2 ore). Igiene del personale → lavaggio mani e corretta manipolazione. Formazione continua → i lavoratori devono conoscere i rischi e i metodi di prevenzione. Infografica utile (Immagine consigliata: un semplice schema con tre colonne Alimenti a rischio – Sintomi – Prevenzione ). Perché è importante per le aziende? Secondo il D.Lgs. 193/07 e il Regolamento CE 852/2004 , tutte le attività alimentari devono adottare un piano HACCP che includa anche il controllo dei rischi da Clostridium perfringens. Una corretta gestione riduce il rischio di sanzioni e, soprattutto, tutela la salute dei clienti. βœ… Conclusione Il Clostridium perfringens è un nemico silenzioso, ma con buone pratiche di igiene e conservazione può essere tenuto sotto controllo. La prevenzione parte dalla formazione del personale e da una gestione attenta degli alimenti. πŸ“© Vuoi sapere se la tua azienda è davvero protetta? πŸ‘‰ Contattaci: info@centrosicurezzaconsulenze.net
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